Radio Clandestina by Celestini Ascanio

autore:Celestini, Ascanio
La lingua: eng
Format: epub
ISBN: 9788858433119

passione,

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1. P. P. Pasolini, La Terra di Lavoro, da Le ceneri di Gramsci, Garzanti Editore, Milano 1957.

Appendice

Ascanio Celestini, o dell’essenzialità

La vera invenzione di Ascanio Celestini è «la bassetta»: un concentrato metaforico della Roma popolare del tempo di guerra, ma soprattutto un’essenziale funzione narrativa. Una caratteristica del teatro di Ascanio Celestini, infatti, è la presenza di narratori, fuori scena ma tangibili e presenti: la madre, destinataria delle lettere, in Fabbrica; e, appunto, la bassetta, in Radio clandestina. In questo modo, Celestini fa teatro del racconto: poiché non esiste racconto orale senza destinatario, lui non racconta al pubblico ma mette in scena l’atto del raccontare; e poiché non esiste racconto orale che non sia dialogo, nel suo monologo teatrale le voci che parlano sono almeno due, con la bassetta che fa contrappunto, da comic relief, talora ai confini dell’assurdo, al crescendo drammatico dell’io narrante. E che incarna, con la sua straniante alterità e il suo stravagante cambiare discorso, anche la difficoltà che ha incontrato la storia delle Fosse Ardeatine e di via Rasella nel farsi davvero ascoltare.

Radio clandestina nasce «a partire da» L’ordine è già stato eseguito, una storia orale della strage delle Fosse Ardeatine e della sua memoria. Mentre mettevo insieme il libro avevo già in mente l’idea vaga di una declinazione teatrale. La pratica del montaggio delle voci, la molteplicità dei «personaggi» implicavano già la forma di un copione piú che di una sceneggiatura cinematografica, perché la narrazione orale come il teatro non è separabile dalla presenza del corpo di chi parla. Ma io la immaginavo come una specie di sacra rappresentazione collettiva: sia perché ho sempre pensato alla scrittura della storia orale come a una specie di oratorio, con i corali intrecci e contrappunti di voci plurali, le ampie «arie» solistiche, il recitativo dello storico a connettere tutto; sia perché me lo suggeriva la presenza dominante della morte in questa storia. Giovanni Gigliozzi, presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime e critico teatrale, mi aveva detto che il testo teatrale sulle Fosse Ardeatine era già stato scritto, ed era Le troiane; nella descrizione dei gesti del lutto avevo ritrovato il pianto funebre lucano e la tragedia greca.

Eppure, non era quella la chiave giusta: avevo capito poco sia del teatro sia, nonostante tutto, dell’oralità – o almeno del rapporto fra i due. Quando, su suggerimento di Mario Martone, andai a vedere Ascanio Celestini che raccontava fiabe al Teatro Argentina, fui conquistato e perplesso: la levità, il senso dell’umorismo e dell’assurdo di Ascanio Celestini erano irresistibili, ma mi parevano lontanissimi dal registro drammatico che avevo immaginato. Tuttavia, Ascanio aveva una lunga esperienza di ascolto dei narratori orali, e sapeva che i piú grandi fra loro non enfatizzano, non sottolineano, non drammatizzano. Non recitano, non interpretano, non aggiungono. Semmai sottraggono. Scrivo queste righe poche ore dopo aver ascoltato un’ora e mezza di racconto di un ragazzo di 21 anni sulle torture subite nella caserma di Bolzaneto durante il G8 di Genova nel 2001. Non ha mai alzato

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